CHI SIAMO…

L’ Associazione NESSUNO RESTI INDIETRO Fondata l’8 ottobre 2015, è attualmente composta degli 8 soci fondatori, 3 dei quali compongono il Consiglio direttivo. Riunisce soprattutto utenti “competenti” per discutere dei bisogni e delle risposte che essi trovano. Il bisogno di una persona che ha perso terreno rispetto agli altri a causa delle proprie fragilità trova la giusta risposta nella fornitura, da parte delle istituzioni, di strumenti e percorsi di Recovery per recuperare terreno, non nella fornitura di provvidenze assistenziali, magari accompagnate da attività consistenti in una “socializzazione” di infimo livello, perchè si riduce allo stare in compagnia, per giunta fra “simili”; oppure attività cosiddette “riabilitative” di tipo artistico-espressivo dove la persona acquista competentze artistiche che, anche ammesso che siano vere, non le fanno recuperare il terreno perduto rispetto ad altri.
Gli utenti “competenti” di NESSUNO RESTI INDIETRO si propongono come una sorta di “consulenti”, ancorchè non retribuiti, che presentano la loro testimonianza, magari critica ma costruttiva, affinchè le risposte siano orientate alla recovery. Senza strumenti e percorsi di recovery, la persona che, a causa delle proprie fragilità ha perduto terreno, non potrà recuperarlo e andrà incontro ad una sorta di “cronicizzazione addolcita”, cioè governata verso esiti ritenuti accettabili.
Ha la mission di favorire la cittadinanza attiva da parte delle persone con fragilità, in particolare il disgio posichico adulto. Intende favorire, fra i singoli e fra le istituzioni, un atteggiamento “autenticamente inclusivo”, grazie al quale la persona con fragilità possa, dapprima, recuperare il più possibile capacità e condizioni di vita tipiche di qualsiasi altra persona, ricorrendo a strumenti e percorsi di Recovery; e, successivamente poter (ri)conquistare un ruolo attivo nella società complessivamente intesa, anziché trovarsi relegato in qualche mi9crocosmo abitato esclusivamente da persone “simili” come altri utenti, familiari ed operatori. Correlativamente si intendono combattere gli atteggiamenti incompatibili con quello autenticamente inclusivo ora descritto; da un lato, l’atteggiamento apertamente escludente e discriminatorio; dall’altro lato, l’atteggiamento assistenziale falsamente inclusivo, che rinuncia ad investire in Recovery per governare la cronicizzazione della persona verso esiti ritenuti accettabili. Investendo poco in recovery e spendendo in una sorta di cronicizzazione addolcita e controllata, questo atteggiamento assistenziale si dimostra falsamente inclusivo perché relega le persone, ormai cronicizzate, in qualcuno di quei microcosmi precedentemente citati.
È rivolta anzitutto a utenti “competenti” e orientati alla recovery, il che significa anche farsi sentire e chiedere che vengano messi a punto sempre più strumenti di recovery, riducendo le spese assistenziali non necessarie. Questo richiede una vera e propria cittadinanza attiva. È tuttavia aperta anche a tutti quei soggetti diversi (famigliari, operatori, volontari) che ne condividano la mission.